Sunday, October 25, 2020 7:09:00 PM
Wednesday, October 21, 2020 3:35:00 AM
In Shelley l’idea centrale è che vita e poesia siano intimamente collegate. E che tutte e due abbiano un rapporto con l’eternità in quanto espressione della verità. È sorprendente come egli identifichi il senso dell’eternità con la verità. Il modo per sfuggire alla caducità determinata dal tempo è quello di appellarsi a quanto di eterno l’uomo può produrre. Questo, d’altro canto rende ‘veritiero’ quello che esprime perché fare poesia è come un districarsi tra le fallacie del tempo per arrivare al centro di ciò che siamo: quel che rimane non può che essere veritiero perché on ha inizio e non ha fine. In altre parole l’intima essenza di ciò che non può durare perché ha bisogno del tempo (come ad esempio la narrazione) non merita di essere considerato. Il poeta è colui che tende a questo centro, la poesia è l’immagine stessa della vita espressa nella sua verità eterna.
Un altro aspetto che deriva da questa idea di contatto (o identificazione) con il centro della vita è l’universalità della poesia. Shelley afferma che “la poesia è universale perché contiene in sé il germe di una relazione con qualsiasi motivo o azione suscettibile di verificarsi nella varietà della natura umana.” Si badi bene: la poesia è concepita come germe di relazione non come relazione già data. Che cosa significa? Se volessimo usare una metafora, potremmo dire che la poesia è un seme: quando questo seme viene piantato (cioè, quando il componimento poetico viene fissato con le parole, allora attecchisce e si sviluppa, e rispecchia in qualche modo azioni e motivi che caratterizzano la vita umana. Il rapporto è dinamico: non significa una cosa una volta per tutte ma significa quella cosa che diviene – e quindi muta nel tempo. Per questo al termine del ragionamento si afferma che “il tempo distruttore accentua la bellezza della poesia in virtù del soffio vitale che essa ha ed elabora continuamente nuove e meravigliose applicazioni della verità eterna contenuta in essa.” Insomma la poesia è uno specchio che rende bello ciò che è distorto – appannato - dal tempo.
Friday, October 02, 2020 12:27:00 PM
Amici, vi devo dare una bellissima notizia: Aletheia editore https://www.aletheiaeditore.it/ che è una casa editrice giovane, no profit, eletta “casa editrice più votata sul web dell'anno" ha deciso di pubblicare il mio nuovo libro “PULVISCOLI”.
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Saturday, February 01, 2020 11:48:00 AM
Attivo finalmente il podcast di narrazioni audio lette dall'autore tratte dalla raccolta "I 365 Racconti". Ogni Venerdì alle ventitré verrà pubblicato un racconto per la notte dedicato a un giorno dell'anno. Ambientati in luoghi e tempi diversi, ognuno di essi vuole raffigurare un momento di vita, generalmente associato a qualche piccola consapevolezza in grado di accendere una luce, suggerire un senso, indicare una direzione ai protagonisti. La raccolta scritta dei 365 racconti la trovate su questo sito facendo click qui. Potete trovare le stesse narrazioni audio anche sull'applicazione Podcast in Itunes digitando: Alle ventitré. Seguiteci e non fateci mancare i vostri commenti.
Friday, November 29, 2019 6:00:00 PM
La poesia - in realtà Shelley dice 'il verso' - è l'eco della musica eterna. Per arrivare a questa asserzione l'autore parte dalla distinzione (di tipo linguistico) tra lingua metrica e lingua non metrica. Se è vero che suoni e pensieri sono in rapporto sia l'uno con l'altro sia con ciò che essi rappresentano, è tuttavia altrettanto vero che sia il suono che i pensieri sono l'espressione di un ordine insito nelle cose che sì parte dalla mente, ma si riverbera subito fuori di essa mediante un regolarità di frequenza, comunemente conosciuta come armonia. non è dunque ilmetro, il fondamento poetico, bensì l'armonia sulla quale esso si fonda. Questo cambia radicalmente la prospettiva: non è poeta solo colui che sa sfruttare al massimo queste consonanze mediante un uso coloristico del linguaggio, bensì lo è chi riesce a far scoccare la fiamma riferentesi all'armonia perfino in pensieri spogli di forma e di movimento, come possono essere quelli, ad esempio, meramente filosofici. Le parole di questi tali poeti/non-poeti svelano la permanente analogia tra le cose mediante immagini che partecipano della vita della verità. Ma ancora di più quando i grandi spiriti conciliano nel suono della parola l'armonia e il ritmo, non necessariamente metrico, del verso, definito come eco di una musica eterna. La poesia è dunque uno stretto sentiero appeso tra idee, suono, armonia ed eternità. L'amalgama che ne esce, piegato dal volere di uno spirito grande, non necessariamente coatto dal mestiere del poeta, è ciò che diviene, di fatto considerato come poesia nel senso più pieno del termine.
Sunday, November 17, 2019 11:45:00 AM
Qual è il principio creatore della poesia? Si parte ovviamente dal fatto linguistico. "La lingua" afferma Shelley "è al tempo stesso strumento e materiale della poesia." Strumento perché il linguaggio sostanzia la poesia, materiale perché l'armonia della metrica diventa soggetto stesso del fare poetico. In altre parole non è solo il contenuto di un testo a sviluppare le suggestioni in grado di veicolare visioni del mondo, bensì tutto l'insieme, anche quello 'materiale' dei suoni dell'apparato poetico a costruire una percezione della realtà. Ma Shelley va ancora oltre: se la lingua 'serve' al poeta in tutte le sue dimensioni, vi è qualcosa che va oltre, una facoltà che Shelley definisce sovrana, il cui trono si nasconde nella natura invisibile dell'uomo. Proprio qui abita il principio creatore della poesia. Passioni in intima essenza stanno su questo trono di cui le parole sono fedeli servitrici. Ancora una volta la facoltà immaginativa che ha uno rapporto con i pensieri umani è il principio creatore e tutto le è subordinato.
Si badi bene all'uso delle parole: principio creatore: sta a significare che la poesia crea il mondo con l'immaginazione, modella la realtà, non la rispecchia semplicemente. In questo misterioso rapporto che l'uomo attraverso il linguaggio stabilisce con il reale sta il segreto della grande poesia. Il poeta è un creatore perché inventa mondi e quei mondi divengono realtà: un po' come quando si opera una narrazione che rende reale un fatto semplicemente accaduto. Non esiste il fatto in sé, esiste nel suo rapporto con le parole che lo raccontano e tali parole lo statuiscono.
Se dunque questo è il principio creatore della poesia che diventa a sua volta principio creatore della realtà, ne consegue che i poeti hanno il ruolo di padri fondatori delle narrazioni sulle quali si basano le concezioni del mondo degli uomini. Un compito incredibilmente importante al pari di quello che Shelley attribuisce ai legislatori e ai fondatori di religioni. E qui si apre una questione etica di non poco conto: tra coloro che rifiutano l'idea e coloro che se ne sentono investiti c'è il dato di fatto che senza poesia non ci sono interpretazioni del mondo e quindi non c'è conoscenza.
Friday, November 08, 2019 5:21:00 PM
Quando la facoltà di approssimazione al bello diviene preponderante nell'uomo , ebbene questo lo fa diventare poeta nel senso più generale del termine.
In questo contesto l'armonica azione di tale tendenza con quelle che possono essere chiamate le influenze sociali permette un'amplificazione del divenire poetico perché favorisce la percezione di relazioni tra le cose sconosciute ai più. L'origine di tali relazioni è assolutamente naturale: Shelley immagina che la natura imprima le proprie caratteristiche sulle cose del mondo, ma esse non ci sorprendono perché siamo 'abituati' a considerarle tali. Occorre un guizzo per superare l'abitudine e individuare "il bello e il vero insiti nel rapporto tra esistenza e percezione e poi tra percezione ed espressione". Quando si compie il salto si entra nell'universo della poesia.
Strumenti straordinari di 'focalizzazione' vengono dunque forniti a chi si impegna nel 'fare poetico': in questo modo coltivare la poesia significa toccare i campi più disparati dell'agire e del creare umano, come ad esempio quello della legislazione o addirittura quello della profezia. Ritorna l'idea del valore collettivo - nei nostri tempi si direbbe 'politico' - della poesia, che si serve di uno scardinamento del tempo, dello spazio e del numero, per aprire varchi che portino direttamente a una specie di realtà sovraordinata nella quale c'è la vera essenza delle cose. Si parte dunque dalla percezione ma si arriva alla 'sovrapercezione' nell'individuazione di una creatività adatta a indicare strade di conoscenza e di consapevolezza tracciate e praticate da coloro che non si accontentano della realtà così come essa è.
Friday, November 01, 2019 6:10:00 PM

Comparirà a breve sul sito un nuovo podcast tintitolato Alle 23. In questo podcast potrete trovare molti racconti - 365 racconti per un anno - letti dall'autore. Per alcuni potrete ascoltare anche un commento che spiega come è nato il racconto e i motivi delle scelte stilistiche.
A breve dunque.
Friday, November 01, 2019 5:56:00 PM
Iniziamo l'analisi del testo "In difesa della poesia" pubblicato nel 1821 da Percy Bissey Shelley in risposta al saggio dello scrittore Thomas Love Peacock (1820) che invece sosteneva l'inutilità della poesia. Acceso da un sacro furore di vendetta per "la grave offesa recata alle Muse" Shelley intende organicamente difendere non solo l'utilità della poesia in un mondo tanto basato sulla materialità e sul denaro quanto la sua necessità.
Argomento quanto mai attuale che permette di sviscerare alcune tematiche socialmente pregnanti in relazione alla poesia e all'arte in generale. Perché la poesia è necessaria? Perché secondo Shelley la sostanza della vita intellettuale sta nell'immaginazione che si oppone alla ragione: la prima è l'ideatrice la seconda è l'esecutrice dei voleri della prima. E la poesia è l'espressione dell'immaginazione. Solo attraverso la poesia si riesce a percepire il valore delle proprietà delle cose. Chi affronta solo razionalmente la realtà enumera le proprietà delle cose ma occorre qualcosa in più per entrarci e comprenderne il valore. L'immaginazione è dunque il principio della sintesi, è il principio del 'fare', il principio dell'armonizzare.
In effetti, pare dire Shelley, solo chi trascende il livello del riconoscimento delle cose (ragione) riesce a costruire una visione armonica, fatta di relazioni e di interdipendenze che costituiscono una consonanza d'intenti equilibrata ed effettuale (ossia che crea effetti di comprensione). La via per raggiungere questi obiettivi è la poesia che deriva appunto dal verbo poiein, cioè 'fare'.
Dunque la realtà è in costruzione. Le parole ce la fanno penetrare. In modo particolare le parole poetiche.
Friday, October 25, 2019 4:39:00 PM

Il
sonetto inteso in senso etimologico, (piccolo suono) può essere una forma poetica adatta a tempi in cui la contrazione (esperienze, tempo, criteri di consumo) è al centro della vita degli individui. Forma che coniuga l'essenzialità con la possibilità di approfondimenti reticolari a partire da focus tematici e formali la cui ossatura si dirama e va a coprire estese porzioni di suggestioni e rimandi, il sonetto pare essere il componimento che, riscoperto, copre il bisogno di sonorità e tematicità importanti, capaci di dialogare con la complessa fluidità dell'essenza personale, quella perennemente a caccia di sensi, significati e risposte.
Peraltro l'elusione dietro la quale si celano molte delle considerazioni che vengono fatte in questa raccolta, stimola il lettore a rivedere e a ricreare le proprie reti semantiche, quasi come se durante la lettura sfuggevoli 'punti morti' si manifestassero e chiedessero attenzione per rimandare ad altri silenzi o ad altre parole in grado di provocare accostamenti e collegamenti che, in un circolo espansivo arrivano a parafrasare interpretazioni o giochi speculari sulle luci e le ombre del vivere.
Ogni componimento, dunque, centrato su qualcosa di minuscolo e di intimo, concentrato in pochi versi, si configura per esprimere accennate epifanie, alee di pensiero o vaghe allusioni di possibiltà.
Il risultato è una severa disciplina interpretativa, quasi un maieutica che, grazie alle improvvise deviazioni date dagli stimoli metaforici, porta a considerare la 'presenza' come generatice di scorie di reale, limature appunto, il cui tessuto enuncia legami con la vita nel suo proprio orizzonte d'indagatrice.
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